Il ritmo dello spazio

Da Marconi alle onde gravitazionali

Prof. Stavros Katsanevas
Direttore dell’Osservatorio Gravitazionale Europeo (EGO)

  

“Scienziati e artisti sono gli osservatori del mon-do. Il loro lavoro consiste semplicemente nel vedere quello che gli altri non riescono a vedere. “

Franck Oppenheimer

La mostra “I ritmi dello spazio” è una mostra che si situa là dove Arte e Scienza si intersecano ed è il prodotto del lavoro del gruppo Universe 2.0, composto da noti artisti: G. Alda, P. Buechler, A. Csorgo, R. Dellaporta, R. Galle, B. Lamarche, L. Lijn, L. de Maigret, A. Ortiz, T. Saraceno e J. Thomson; da scienziati, architetti e filosofi: M. Barsuglia, V. Boschi, A. Dubois, C. Flécheux, E. Krouska, M. Lachièze-Ray, A. Letailleur, P. Legrain, D. Marciak, R. Malina, V. Napolano, S. Katsanevas, C. Spiering, A. Tosi, Y. Winkin e H. Wismann. Il progetto è stato promosso da Pierre Binetruy alla fine del 2016, scomparso tragicamente nell’aprile del 2017, e ha dovuto essere rilanciato da capo nel giugno del 2017. Questa mostra è dedicata alla sua memoria.

Lo scopo del progetto consiste nel promuovere un’esplorazione, attraverso una riflessione incrociata tra artisti e scienziati, della branca della fisica nata con la scoperta delle onde gravitazionali, che portano a interrogarsi in modo incalzante, ancora una volta, sulla natura e sulla struttura dello spazio-tempo e della materia, sulle nozioni di origine e orizzonte, sul ruolo dell’attività di rappresentazione, infor-mazione e trasformazione, artistica o scientifica, sui dilemmi legati all’individualità. Più in generale si tratta di interrogarsi ancora sulla natura dell’umanità immersa nel cosmo, laddove la nozione di cosmo denota non solo l’Universo astronomico ma anche l’ambiente del Pianeta Terra e la società umana.

La circostanza scientifica alla base di tutto questo è stata la rilevazione delle onde gravitazionali provenienti dalla fusione di due bu-chi neri, nel settembre del 2015, seguita dalla rilevazione di una fusione di 2 stelle di neutroni nell’agosto del 2017, successivamente osservata da quasi 100 osservatori in tutto il mondo. Mentre le rilevazioni hanno costituito una sensazionale conferma della teoria della relatività generale di Einstein, ipotizzando che ogni fenomeno violento che si svolge nell’Universo produce delle vibrazioni nello spazio-tempo, la fusione di stelle di neutroni ha inaugurato una nuova era della scienza di base, correttamente denominata l’ “Era dell’a-stronomia multi-messaggio”, in cui sondiamo l’Universo con vari messaggeri cosmici, che esulano da quelli tradizionali dello spettro elettromagnetico: onde gravitazionali, ma anche neutrini e raggi cosmici. Il comitato del premio Nobel ha reagito prontamente attri-buendo il Premio Nobel per la Fisica del 2017 agli scopritori delle onde gravitazionali dell’osservatorio a interferometro statunitense LIGO e di quello europeo Virgo.

Poiché le onde gravitazionali sono state registrate come modulazioni di un segnale con frequenze che abbracciano lo spettro acustico umano, la scoperta conferma ulteriormente la metafora che ci vede immersi in una rete cosmica spazio-tempo, dove le vibrazioni dello spazio-tempo,che possiamo definire il “ritmo” o con altre parole il “suono” dello spazio si aggiungono alla millenaria percezione dell’U-niverso come una sublime, ma secondo Pascal terrificante, immagine visiva sprofondata nel silenzio.

Come tutte le principali svolte scientifiche questa scoperta sperimentale porta nuovamente in primo piano il ripensamento di concetti di base quali Spazio, Tempo e Materia, concetti che costituiscono il teorico punto di incontro ove convergono la Scienza, l’Arte e perfino la Società. A tal riguardo occorre ricordare l’intensa attività scientifica e artistica che ha preceduto e seguito la rivoluzione di Galileo, nonché quella ugualmente intensa che ha preceduto e seguito la Relatività di Einstein, dal Cubismo ad altri movimenti artistici moderni per arrivare all’Astrattismo. Rimane aperto l’interrogativo se, anche in questo caso, ci troviamo di fronte ad un terzo punto di svolta dello stesso genere.

Più nello specifico e, in modo obbligatoriamente schematico, le opere esposte suscitano interrogativi sulla natura dello spazio. Come postulato concisamente da Einstein: lo spazio e il tempo costituiscono una sorta di “intelaiatura” entro la quale si muovo gli oggetti e accadono gli eventi oppure spazio e tempo sono una proprietà che affiora dalla relazione esistente tra gli oggetti? Lo spazio può pertanto essere visto come un’intelaiatura deformabile, in relazione di reciproca dipendenza con gli oggetti contenuti al suo interno, ma può es-sere considerato anche come un’”atmosfera” di campi elettromagnetici e sub-nucleari o come una proprietà affiorante dal groviglio della materia, secondo un’audace visione proveniente dalla meccanica quantistica.

Inoltre poiché, dopo l’affermazione della teoria della Relatività, citando Minkowski “Lo spazio di per sé stesso e il tempo di per sé stesso sono condannati a svanire in pure ombre, e solo una specie di unione tra i due concetti conserverà una realtà indipendente” ci si deve porre una serie di domande sulla natura del tempo. Il tempo va inteso come un’ossatura totalmente deterministica, in cui ogni modifica è una proiezione del passato o piuttosto come un processo ritmico che rispetta il passato ma è aperto al futuro? A questo punto ci si deve inevitabilmente interrogare sulla natura delle leggi della fisica: probabilmente l’ultima struttura ontologica. Queste leggi sono state scritte per durare in eterno (e scritte da chi?) oppure evolvono con il tempo su scala cosmologica?

Ci si deve inoltre interrogare sui sensi con i quali percepiamo le immagini del cosmo. Dobbiamo allontanarci dall’uniformità dello spazio e dalla metafisica della luce e dell’ombra del pensiero di Talete, Platone ed Euclide, ovvero dagli elementi costitutivi della pro-spettiva, per dirigerci nello spazio muovendoci come se fossimo fatti da atmosfera e/o da una “sostanza” deformabile, utilizzando quindi geometrie deformate e/o altre modalità di rappresentazione, dal suono o dalla percezione “acusmatica” di ritmi e tempo all’arte come percorso esplorativo “dentro” al mondo , il che comprende la danza e la performance.

Inoltre, poiché la materia è correlata allo spazio-tempo, anch’essa deve essere ripensata. L’individuazione di oggetti in rapporto alla densità di interazione deve essere riesaminata: dal mondo dei quark dove esiste la ben nota dualità particella/campo a quello dell’Uni-verso. Ci si può chiedere: le particelle fondamentali, i vecchi atomi, sono oggetti individuati o piuttosto ritmi? Più in generale, possiamo identificare oggetti singoli prima di entrare in relazione con questi o gli oggetti stessi altro non sono che una forma di cristallizzazione delle diverse relazioni? Qual è il contributo, in qualità di “impalcatura” , di indistinte entità “scure” (ad es. la materia oscura) o di fenome-ni violenti alla formazione della struttura? Cosa possiamo chiamare origine e dove è situato l’orizzonte? Questi interrogativi mettono in dubbio la composizione, la plasticità e la resilienza degli oggetti. Quando è che l’inflessibilità trasforma un oggetto in un dispositivo di misurazione o in una particella elementare? Quando è che la plasticità lo trasforma in uno strumento oggetto di rappresentazione (pietra, gesso, incisione, fotografia, mezzi digitali)?

Inoltre, poiché con tali strumenti gli scienziati stanno esercitando l’arte estremamente difficile della cattura di un segnale cosmico, estrapolandolo dalle deviazioni più impercettibili, causate dai movimenti sismici terrestri, dal passaggio di nuvole, dalle onde marine o da movimenti imputabili a interventi umani, lo studio dell’Universo implica la conoscenza esatta dell’ambiente terrestre. In altre parole l’orizzonte degli eventi presso l’interferometro Virgo è tutt’altro che calmo, c’è sempre un “rumore” proveniente dalla terra e dall’atmosfera o addirittura dalla società umana. Mai nella storia uno strumento umano è stato così profondamente collegato ai ritmi ambientali quotidiani e secolari. E questo si applica anche a molte opere artistiche, dal Grande Vetro di Duchamp alla Land Art. Questo è il senso della seconda immersione delle onde gravitazionali e di altri strumenti scientifici o opere artistiche nella nozione di cosmo come ambiente terrestre. Questo dimostra anche che una corretta riflessione del nostro inserimento nel cosmo non può essere fatta sen-za interrogarsi sul concetto di messaggio, di mezzo interposto e contenuto dell’informazione, nonché sulla definizione di individualità nel nostro mondo così strettamente interconnesso. Parafrasando McLuhan, il mezzo, il medium, non è solo il messaggio ma può essere anche l’oggetto. Questo naturalmente porta in primo piano la rivoluzione avviata da Marconi e altri nella comunicazione wireless e come questa ha rimodellato il mondo. Una rivoluzione che ha visto una delle sue più importanti pietre miliari aver luogo non lontano dall’interferometro Virgo, ovvero nella vicina stazione radio di Coltano(*).

La rete elettromagnetica definisce lo spazio della società, il tempo e la materia in cui viviamo, e il suo impatto sui nostri ritmi di vita o i modi in cui contribuisce a creare valore sociale rimangono ancora da comprendere. Dobbiamo ripensare l’informazione nel contesto di una vasta densità di interazioni. Rumori e segnali costituiscono il nostro ambiente comune. Freeman Dyson disse una volta che “la conservazione della vita non è una questione di energia, ma del segnale sul rumore di fondo”. Ancora una volta ci si può chiedere: lo spa-zio-tempo è un’intelaiatura o una proprietà che emerge dalla rete di comunicazioni? Infine dobbiamo esaminare il nostro inserimento, in qualità di esseri umani, in questa rete. Dobbiamo riesaminare il nostro inserimento digitale rapportandolo alla millenaria attività di produzione artigianale, che viene chiamata la “intelligenza manuale”. Dobbiamo utilizzare l’intera mano o solo un dito per spingere un tasto? Esiste la possibilità di un inserimento degli esseri umani che non sia ideologico, ma cognitivo, emozionale e “pratico” nel cosmo?

Per chiudere, vorrei ringraziare la fondazione Carasso, che ci ha sostenuto in questa sfida, da 3 anni ormai, il Museo della Grafica (Città e Università di Pisa) e il Museo Marconi per la loro ospitalità per il loro contributo proattivo, Lidia Giazot-to, con Adalberto Giazotto, che è uno dei due padri nobili del progetto Virgo, per averci fornito la pietra galena e ovvia-mente gli enti di finanziamento di EGO (European Gravitational Observatory – Osservatorio Gravitazionale Europeo): il CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique – Centro nazionale di ricerca scientifica), che ha celebrato il suo 80°anniversario, e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, nonché il laboratorio di Fisica delle Astroparticelle e Cosmolo-gia dell’Università di Parigi Diderot, dove ho lavorato, e la Fondazione RFPU, dove è iniziato tutto.

(*)Fu infatti tramite la stazione di Coltano che, dal suo studio a Roma, Marconi accese le luci della gigantesca statua di Cristo Re, a Rio de Janeiro, il 12 ottobre del 1931, in occasione delle celebrazioni per i 439 della scoperta dell’America.

MUSEO DELLA GRAFICA

Palazzo Lanfranchi
Lungarno Galilei, 9
56125 Pisa - Italia
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Monday - Sunday: 9am – 8pm

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EGO-Virgo

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56021 Cascina - Italia
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